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Rescue Board

 

Con l'utilizzo di speciali barelle agganciate nella parte posteriore dell’Aquabike e' possibile soccorrere persone in difficoltà e trasportarle rapidamente e in sicurezza a terra o presso il personale sanitario che potrà eseguire gli interventi più adatti al caso. L’utilizzo di moto d’acqua a 3 posti garantisce maggiore stabilità e performance in questo particolare impiego. Costruita in California, la barella Wahoo International viene da anni adottata in tutto il mondo dalla maggior parte degli enti adibiti al salvataggio, quali Vigili del Fuoco, Marina Militare e naturalmente dai Guarda spiagge. Viene inoltre usata nei campionati mondiali di surf da onda in località dove le onde superano spesso i 10 metri di altezza, quindi si deve operare con attrezzature più che affidabili.

Unica barella rigida certificata CE, Attenzione ad utilizzare attrezzature non certificate! L'utilizzatore è direttamente responsabile delle attrezzature di salvataggio e in caso di qualsiasi problema sorgesse durante un soccorso, lo stesso deve dimostrare di aver scelto gli appropriati ausili per il servizio prestato. Anche il Corpo Nazionale dei Vigili Del Fuoco ha scelto questa barella e viene usata dagli Istruttori K38 Italia e della K38 International per l'assistenza nelle molteplici discipline nautiche ove veniamo richiesti ed ai corsi di salvataggio effettuati in tutto il mondo.

Considerazioni sulla barella rigida per Aquabike

Nel soccorso extraospedaliero, ogni paziente in cui si ipotizzi una sospetta lesione alla colonna vertebrale, deve essere immobilizzato, sino a prova strumentale che ne escluda eventuali pericoli.

L'immobilizzazione dell'intera colonna e prevalentemente del tratto cervicale rivestono la priorità assoluta.

L'immobilizzazione manuale, in prima battuta e l'applicazione del collare rigido appena disponibile, sono da attuarsi con immediatezza.

Lo spostamento dal luogo dell'incidente ed il trasporto verso l'ospedale più adatto devono avvenire mantenendo in asse la colonna vertebrale, puntando a ridurre più possibile ogni movimento attivo e passivo indotto sul paziente, tale da comprometterne il normale allineamento testa-colonna-bacino. Per ottenere questo risultato è necessario posizionare sotto alla colonna del paziente un piano rigido che lo mantenga in asse.

Questo  può essere costituito da vari tipi di materiali (prevalentemente legno o polimeri) purché non fletta sotto il peso del paziente stesso per non compromettere, appunto, l'allineamento voluto.

Spesso, non disponendo di materiale dedicato, si utilizzano come assi rigidi, mezzi di fortuna (tavole da surf, tavole di legno improvvisate, supporto dato dal terreno, ecc.).

Disporre di un piano rigido dietro alla schiena del paziente (o trasferire il paziente su un asse rigido riducendo al massimo i suoi movimenti), consente al soccorritore di poter attuare altre manovre di immobilizzazione con facilità (prevalentemente bloccare la rotazione e l'estensione del capo), sia attraverso l'applicazione di presidi dedicati (collari rigidi), sia attraverso manovre di emergenza (immobilizzazione manuale, con sacchetti di sabbia, con lacci, ecc).

Si rende necessario, quindi, distinguere i differenti presidi, che variano a seconda dell’impiego richiesto, dall'immobilizzazione di un solo arto a quello in grado di immobilizzare in asse l'intero corpo, o da sistemi predisposti per il "trasferimento" del paziente da un punto ad un altro (ad esempio la barella "a cucchiaio").

Esistono poi  quelli previsti per il "trasporto in asse" (la barella spinale), da quelli "contenitivi" (ad esempio materassi o cuscini a decompressione). Quindi un presidio da traumatologia, pur possedendo apposita certificazione, potrebbe avere un'indicazione per un tipo di frattura/lesione ed una controindicazione per un'altra.

Detti principi scaturiscono da un consenso internazionale, sempre esistito, ma che si evince da testi standard quali il Prehospital Trauma Life Support (PHTLS), l'International Trauma Life Support (ITLS), Manuale di Primo Soccorso della Società Nazionale di Salvamento

Purtroppo, molto spesso, esistono condizioni nelle quali il soccorritore professionista deve fare scelte non ottimali sotto il punto di vista della tecnica sanitaria ma spesso nascono da un compromesso tra valutazione dei costi e dei benefici. Un esempio concreto sono gli interventi in luoghi non stabili (soccorso in mare o in montagna su roccia o in speleologia) ove il concetto di mantenimento in asse del paziente dal momento in cui viene soccorso a quello in cui viene posizionato su un mezzo di soccorso avviene "al meglio possibile".

In questo contesto, ovviamente, intervengono anche le priorità dovute alle condizioni dei parametri vitali del ferito (spesso non si può ottimizzare la movimentazione a scapito della respirazione o delle manovre di rianimazione) oppure dalle condizioni ambientali (in montagna o in mare non è sempre possibile applicare un collare o una barella spinale come lo si farebbe in aula corsi o su strada, in mare un'onda anche moderata potrebbero facilitare l'annegamento di un soggetto incosciente).

Parlando appunto di soccorso con Aquabike, offrire al paziente un piano rigido che eviti la flessione della colonna nei tratti più importanti, si avvicina molto alla situazione ottimale. Un supporto dell'intera colonna, infatti, non solo evita le sollecitazioni del trasporto e la flessione vertebrale, ma offre un piano rigido sul quale "appoggiare" la testa, evitandone l'estensione, pericolosità numero uno nel soccorso al traumatizzato. Inoltre con la sola azione delle mani del soccorritore, il supporto rigido consente un'immobilizzazione anche dei movimenti laterali del capo e delle oscillazioni durante il trasporto sino a riva. Queste manovre di bloccaggio vengono facilitate grazie alla sua posizione al di sopra del pericolante stesso.

Una volta giunti a riva, l'ampia larghezza della tavola rigida consente di trasferire il sistema di immobilizzazione (tavola/paziente/eventuale collare (o immobilizzazione manuale del capo) dall'Aquabike sino al presidio idoneo per effettuare la valutazione e organizzare il trasporto. In questo caso anche il passaggio di barella risulta molto facilitato da un'asse rigido piuttosto largo: con una barella "scoop" (conosciuta anche come "a cucchiaio") infatti, si può spostare il paziente dalla barella dell'Aquabike ad un asse spinale dell'ambulanza senza fargli compiere movimento alcuno, mantenendo in asse il tratto testa-piedi.

Un paziente di lunghezza elevata (>1,85-1,90 m), viene posizionato anche sulle assi spinali delle ambulanze con i piedi che fuoriescono, dando l'ovvia priorità di immobilizzazione alla parte alta del corpo ed al bacino.

Esistono altri sistemi di immobilizzazione del paziente traumatizzato.

Spesso però le indicazioni d'uso o le specifiche previste dal costruttore o le omologazioni del  presidio stesso non sono diffuse correttamente agli utilizzatore finali.

Un esempio sono i sistemi di immobilizzazione a decompressione.

Sono "fasce" di varie dimensioni che contengono all'interno un materiale che, togliendo l'aria, si irrigidisce formando così un supporto rigido per gli arti affetti da fratture o dislocazioni oppure possono inglobare l'intero paziente ("materassi a decompressione").

La loro indicazione d'uso, vista la loro capacità di adattarsi a varie forme rispetto alle stecche rigide, è proprio quella di immobilizzazione degli arti rotti o lussati e che siano da immobilizzare nella posizione non allineata naturale.

I materassini a decompressione, sui quali il paziente "deve" essere appoggiato con l'ausilio di una barella "a cucchiaio", sono indicati,ad esempio, per i trasferimenti secondari (da ospedale a ospedale), quando la diagnostica del paziente è già stata completata e si dispone, sia nel presidio ospedaliero di partenza che in quello di arrivo, delle barelle specifiche per gli spostamenti del paziente.

Sono indicati, inoltre, per il "contenimento" del paziente affetto dal alcune malformazioni della colonna, del bacino fratturato, del paziente con asse testa-piedi non allineabile ecc. Si tratta comunque di un utilizzo specifico per il quale serve un discreto addestramento all'utilizzo (usare in maniera errata un presidio per l'immobilizzazione comporta il fatto che il soccorritore e l'intera equipe ritengono di aver immobilizzato un arto lesionato o l'intero paziente che, invece, è poi libero di muoversi durante il trasporto…).

I materassini total body richiedono ovviamente di una grossa pompa per poter estrarre l'aria dal materasso stesso al fine di potersi irrigidire completamente.

Nonostante il fatto che diventino rigidi tali materassi (salvo casi rari, molto dispendiosi e poco diffusi) non sono assolutamente adatti al trasporto o al trasferimento del paziente da un punto ad un altro in quanto, sotto il peso del paziente stesso, flettono anche in maniera notevole, determinando curvature della colonna assolutamente da evitare. Genericamente si può affermare che ogni materasso deve essere posto su un piano rigido per svolgere le funzioni per le quali è stato progettato e omologato (infatti viene posto sulla lettiga dell'ambulanza e poi il paziente viene posato sopra con altri presidi…).

L'immobilizzazione cervicale è la priorità assoluta nell'approccio al paziente traumatizzato e durante l'intero soccorso, sino a prova documentata che non esistano lesioni.

In ambito del soccorso in mare, ove i danni cervicali sono riferibili non solo all'attività di tuffi da scogliera-trampolino o da attività sportive-motoristiche, ma spesso anche da rotolamento dentro al cavo dell'onda, durante il quale il collo subisce vari tipi di flessione sul fondo, diventa prioritario mantenere il paziente in posizione supina sino all'arrivo in ospedale.

Inizialmente l'unica disponibilità da parte del soccorritore sono le sole mani e quindi  l'immobilizzazione manuale, aiutata dal supporto fornito eventualmente dall'acqua, non è la situazione ideale ma la "meno peggio".

Un asse di supporto, rigido, è sicuramente ciò di cui si ha bisogno per offrire il supporto all'intera colonna, in similitudine a quanto accade nel soccorso stradale.

Ovviamente nasce il problema di come si possa inserire un asse rigido sotto la colonna del paziente, facendolo muovere meno possibile.

In situazioni complicate a terra viene utilizzata la “manovra a ponte” la quale richiede che i piedi dei soccorritori poggino a terra. Ovviamente in acqua non è una manovra fattibile bensì è "imitabile".

Un asse rigido che si abbassa in parte sotto la schiena del paziente e che consente lo scivolamento del paziente stesso attraverso una trazione della colonna (e non una compressione) e sicuramente un ottimo sistema. Il livello di galleggiabilità consentito dalla barella stessa nonché l'effetto dinamico di sollevamento dato dal moto di avanzamento dell'Aquabike in fase di rientro, mantengono un ottimo allineamento.

In considerazione di quanto avviene nell'intero soccorso in mare di un paziente, lo scarso supporto offerto alla zona dei piedi da parte della barella (specie nei pazienti più alti) risulta irrilevante, anche in considerazione del fatto che il soccorritore, posto sopra il paziente stesso, di fatto non consente alcun movimento degli arti inferiori.

Presupponendo poi che in qualsiasi tipo di intervento di soccorso, con qualsiasi attrezzatura, il personale debba essere qualificato ed esperto nelle manovre che prevede di praticare, l'energia (Joule) dissipata nell'incidente vero e proprio e che può aver determinato la lesione è molte volte superiore rispetto a quanto possa applicarne un soccorritore durante le corrette manovre di movimentazione.